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di
Riccardo Gallenii |
ACCADEMIA DI BELLE ARTI
BI BRERA, MILANO
Milano,
18.06.98
La particolarità delle
belle incisioni della Formentini sono date
dalla capacità di esprimere il segno grafico, ottenendo delle
incisioni di grande effetto. La sua abilità sta nel riuscire a
creare delle variazioni segniche che ne
esaltano la delicata trama riuscendo a non perdere l’ordine compositivo creando un compromesso
equilibrato.
Proff. Riccardo Galleni
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di
Claudio Rizzi |
Da “TRADIZIONE E
PALCOSCIENICO” , Gazoldo degli Ippoliti 06/05/00
Nadia Merica Formentini
coltiva dagli acidi della lastra mondi flessuosi e fluttuanti di
sogni e fiabe che sono biologia della natura ma parlano il
linguaggio della fantasia…
CIVICA GALLERIA D’ARTE
CONTEMPORANEA LISSONE
Da: IL LUOGO, IL TEMPO,
LA TRACCIA 20/19/2001-20/01/2002 a cura di Raffaele De Grada
e Claudio Rizzi
Nadia Merica Formentini,
incisore di precisa qualità e sensibile nel plasmare terrecotte di
suggestione atemporale;
Dott Claudio
Rizzi
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di
Giuseppe Casiraghi |
NADIA
FORMENTINI COSI’ COM’E’…
Immagino,
paradossalmente, un mondo in bianco e nero e lo archivio nelle
meningi come triste retaggio dal quale non mi è possibile evadere.
Allora mi adeguo e cerco avidamente di rendere plausibile questo
angosciante grigiore, escogitando altre motivazioni che compensino
l’assenza del colore.
La strana metafora ha
una sua ragione. Ovvero mi estrae dall’utopia dell’assurdo e mi
immerge in una nuova realtà.
Identifico nella grafia
di Nadia Formentini questa sua scelta
coraggiosa, questo volere essere presente nell’Arte, in pienezza di
scibile, senza le suadenti – ma talvolta fallaci – cromie che
vestono i rituali pittorici.
Ovvero una vocazione
difficile, estremamente pura, monda da tentazioni epidermiche,
spogliata da ogni pretesto illusorio, eppure ancora
meravigliosamente pervasa di una poesia dai raffinati connotati
enunciativi.
Certamente la Formentini, nell’incidere le sue tavole, ha ben
fermi questi principi.
Non si arrende alle
difficoltà ma non le eleva ad esercitazioni freddamente tecniche,
siccome è sempre presente nel suo “io” quel senso della bellezza
incarnata in tutto il suo contendere.
Ecco, ammiro nelle sue
impressioni grafiche questo rispetto delle cose, quella fremente
ricerca dell’essenza, quel desiderio di esaltarne la recondita
morfologia.
Ovvero non le basta
vedere, le interessa il guardare, con occhio amorevolmente attento,
il particolare, colloquiare con il misterioso mondo sommerso,
trovare la gioia nel descrivere le spirali di una conchiglia o
cullarsi sulle morbide, voluttuose movenze di un “semplice filo
d’erba”.
Per far ciò Nadia si
affida alle sue indubbie capacità anche esclusivamente esecutiva. La
percezione del suo operare, se pur non va a scapito della libera
fantasia, è una componente di enorme valenza.
Non posso, non mi
sembra onesto, non prescindere dalla sua abilità le stupende
risultanze del suo lavoro. Nulla è scontato. Qui, e non altrove, sta
la completezza dell’Artista. E’ impensabile ragionare in questi
termini.
Ho avuto modo di
analizzare recentemente i suoi lavori.
Non posso che
confermare – se conta il mio parere- quanto ho cercato di
dire.
Vi aggiungo solo una
personale ammirazione per la persona “Formentini”. Mi piace la sua modestia, la sua
tranquillità, il suo viver sereno. La gratifica quella sincera
devozione che ha per il prossimo. In Lei sempre, pervade la voglia
di servire più che imporre. L’Arte ha bisogno di questi umili
artefici, che alla grancassa preferiscono il dolce suono del
flauto.
Giuseppe Casiraghi
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di Felice
Bonalumi |
ACQUARIO
DI MILANO, Milano, Sala Vitman, v.le Gladio 2, fino al 30 gennaio 2000, mostra:
L’INFINITO DEL TU
Segni su
carta, sono definiti questi lavori dall’autrice. Ma si tratta di
segni di una lunga storia che che si
rinnova in modo diverso in ogni artista. Qui il mare è lo sfondo
comune su cui si innestano “figure”, cioè conchiglie, ostriche,
piante marine, che creano a volte un labirinto, altre un vortice,
altre ancora un ordinato caos che è facilmente interpretabile come
metafora della mente umana. Insomma, il mondo sotto acqua come
specchio (rovesciato?) del nostro mondo. Ma da ammirare in queste
incisioni, acqueforti, chine e tecniche miste, sono anche la
sicurezza, la creatività e la versatilità del segno grafico. Ottime
garanzie per un’artista così giovane.
Dott. Felice
Bonalumi
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di Renato
Tomasina |
Lissone, 12
febbraio 2000
Galleria
Centroparete Palazzo Centofirme Lissone
Positivo
inizio della stagione-culturale alla galleria Centroparete del Palazzo Centofirme, dove la stimata Nadia Merica Formentini,
realizzata con successo la personale in Milano, su inito dell’assessorato alla Cultura della
metropoli lombarda, ha esposto le proprie opere in una mostra dal
titolo. “L’infinito del tu”. Scriviamo subito che il pubblico,
presente il presidente del Palazzo del Mobile, architetto Fossati,
personaggi del mondo artistico e della cultura, fra i quali il
professor Colombo, il pittore africano Panga Wa Panga, il tenore Ferrari, il critico Peppel, vari soci della prestigiosa sede
espositiva lissonese, ha espresso, con i
commenti più laudativi, l’interesse per l’attività dell’artista.
Novella Alice nel paese delle meraviglie, la giovane e intelligente
creatrice affronta con entusiasmo il concetto della realtà
fantastica, con sintesi immaginarie ma vitali, palpitanti, làdova molluschi, pesci, gasteropodi, crostacei,
echinodermi di tutti i generi, fanno bella mostra di
sé in una maniera artistica, completa e suadente. Poesia, fantasia,
esperienza, tecnica si fondono allora per una funzione didattica e
comunicativa ad un tempo, poiché non è chi non veda, nella summa dei
lavori presentati, come la Formentini
viva, essa stessa, il complesso rapporto dell’”io” (che diventa il
“tu” riflesso) con la concretezza di un mondo presente, ma ai più
invisibile, per cui mentre oi segni
visivi, ricchi di certosina pazienza e dialettica psicologica, di
colori ricercati, di nuances leggere, non
è, in effetti, l’arte che illumina la realtà, ma è la realtà che
illumina sé medesima. Concetti personai e
riverberi oggettivi che trovano una chiave di lettura nelle ammoniti
di 185 milioni di anni fa, che la Formentini, forte della suggestione
dell’ambiente descritto con costante e appassionata attenzione,
illustra ed elabora, sino a giungere a risultati fortemente
accattivanti. E’, in fondo, la stessa poetica che informava la
sensibilità dello Zanella quando poneva se stesso, problemi umani
compresi, davanti alla “conchiglia fossile”. Ed i richiami culturali
ci portano lontano, ad evocare nomi di scienziati e lirici, quali,
per citare, Plinio e Linneo, Brehme e
Buffon, Einstein
e i pittori di Nassau, Goethe, Muller. La ricerca iconografica della fine
pittrice si estrinseca aanche in piccoli
ma profondi paesaggi, sottolineati da una manualità ricercata e da
illuminare campiture, paesaggi che rivelano la capacità poetico-esistenziale dell’artista, immersa in un
macrocosmo. Dove esiste una conversione del fare arte, che in fondo
è specchio del sé (ovvero “tu”) nell’altro da sé,
infinito.
Renato
Tomasina.
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di
Sabrina Arosio |
18 maggio
2000, Biblioteca del Parco di Monza
L’acquaforte
e l’acquatinta interpretano e celebrano la natura. Fino al prossimo
sabato resteranno esposti presso la biblioteca del Parco di Monza,
in Villa Mirabellino, una ventina di
incisioni… e Nadia Formentini ha condotto
il suo studio volgendosi al dato di natura, da sempre caro elemento
di ispirazione per gli artisti, cercando attraverso il segno e
l’inchiostro, di metterne in evidenza i particolari più suggestivi e
spesso maggiormente nascosti.
Nadia Formentini è presente in
mostra con un’opera dedicata al microcosmo primordiale una figura
che pare tratto dalla natura di milioni di anni fa, realizzata con
perizia del tratteggio, carattestica delle
sue incisioni, e dal piacevole accostamento cromatico.
Sabrina Arosio |
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di
Giovanni Tribbani |
ALBERI E
TERRITORIO-SOLE 24 ORE, maggio 2006
Nadia
Formentini è un’originale artista
lombarda. Le sue opere prendono vita da diversi materiali, in
diversi luoghi (numerose sono le istallazioni all’aperto) ma sono
tutte caratterizzate da u forte legame con la natura. Ha utilizzato
molti materiali naturali (conchiglie, legno, sassi, creta, ecc) alla
ricerca dei messaggi che questi lasciano a chi li sa ascoltare. Le
istallazioni all’aperto dimostrano una forte relazione tra
l’ambiente e l’opera, uno scambio di cultura, storia e atmosfera
senza la quale l’opera non sarebbe completa. In particolare le opere
realizzate in Toscana, dove è evidente l’apporto
culturale
dato da
questa importante regione dal punto di vista storico-artistico che non può che influenzare un
artista attento. Il tranciato materia artistica. Quello che colpisce chi
osserva le opere di Nadia Formentini è la
sua capacità artigianale e artistica nel riutilizzare materie
semplici e a volte imperfette. L’artista vede forme, figure e
personaggi dove c’è “solo” la storia e la vita dell’albero;
l’artigiano compone e ..struttura ciò che vede l’artista dando vita
all’immaginazioone. E’ questa doppia anima
della Formentini che rende particolare il
suo lavoro. L’incontro con Marco Riva, commerciante di tranciati
della Brianza, ha segnato il suo percorso
artistico che da allora si è rivolto anche al legno e alle storie
che porta con sé, dedicandosi i n particolare a quelle parti dello
scarto inutili all’industria ma preziose per chi nel legno cerca
storia e forme. La sua sensibilità artistica le fa cogliere
l’importanza l’importanza della ferita o
la vita della pianta, vita che trasferisce in nuove entità. Le sue
opere, come ad esempio “il mantello”, sono merletti di gioia,oppure
una serie di uccelli dalle piume a cascata sono la rappresentazione
della natura, un passaggio di storia e, quindi, di vita. Le abili
mani della Formentini traformano il tranciato anche in un
acquario riproponendo il legame
tra natura e albero in forma concettuale. Sempre utilizzando il
tranciato, l’artista crea nuove forme vegetali, come nella serie
intitolata l’erbario, il volo di farfalle o forme simmetriche in una
sorta di test di Rorschach (il test usato
in psicologia che fa collegare delle macchie di inchiostro a delle
immagini reali) che lascia all’immaginazione dell’osservatore la
possibilità di dare un proprio significato alle forme. Il
territorio come tavolozza. Alla fine di febbraio 2006 sarà
terminata sul lago di Cheggio (in Piemonte
ad ovest del Lago Maggiore) la nuova istallazione all’aperta
realizzata dall’artista e dalla sua squadra, di cui si avvale in
occasione di istallazioni di grandi dimensioni. Un nuovo tentativo
di usare il territorio come parte integrante di un’opera d’arte,
quindi l’opera d’arte diventa la rielaborazione di un’arte
superiore: la Natura.
Giovanni Tribbiani
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